INTERVISTA: Luigi Casagrande, scrittore

Qualche giorno fa abbiamo avuto il piacere di segnalarvi il romanzo Tutto ritorna di Luigi Casagrande (0111 edizioni). Oggi abbiamo l'opportunità di rivolgere alcune domande all'autore.

L'autore
Ciao Luigi e benvenuto!
“Tutto ritorna” è un romanzo in cui si alternano tanti punti di vista. Nel borgo immaginario in cui sono ambientate le vicende narrate si alternano numerosi personaggi. Non è difficile stare dietro a tutto? Insomma, qual è a tuo parere la ricetta per rendere credibili e interessanti tanti personaggi, caratterizzarli al meglio ed evitare di generare confusione nel lettore?

Non credo che esista una ricetta particolare, bisogna lasciar scorrere la storia e lasciare che i personaggi parlino, che entrino in scena. Ogni personaggio di questo romanzo ha un suo ruolo e una sua funzione e, data la complessità dell’intreccio e della trama, era necessaria la presenza di molte comparse e coprotagonisti. Ho cercato di dare a ciascuno una personalità diversa e, del resto, anche nella vita reale ci troviamo di fronte una molteplicità di persone differenti ognuna della quali ha una sua importanza per noi. Non volevo che certi personaggi apparissero solo di supporto, ma ho dato a tutti una possibilità di esprimersi, di spiegarsi, di rivelare il proprio carattere e le sue contraddizioni. Proprio il fatto di renderli stravaganti e tipici li rende più memorizzabili per il lettore, e dargli un ruolo ben preciso, piccolo o grande che sia, richiamandoli anche più volte in scena, aiuta a comprenderli nell’ingranaggio della storia. È come un grande affresco di popolo dove ciascuno, ricco o povero, importante o dimenticato, sciocco o istruito, ha la possibilità di emergere dall’anonimato e far sentire la sua voce.


Gli anni Ottanta e la contemporaneità: due epoche molto diverse, per quanto vicine. Come hai gestito i due differenti piani temporali in cui si svolge la tua storia?

L’intera storia è descritta attraverso il ricordo del protagonista, la prima parte riguarda la sua adolescenza, la seconda gli anni relativamente recenti. Avevo bisogno di un arco temporale abbastanza lungo da poter evidenziare i cambiamenti che avvengono nella storia di un uomo, le differenze tra i sogni di un bambino e quella che è la cruda realtà dell’età adulta. I primi anni Ottanta sono un’epoca nella quale gli ultimi residui della civiltà contadina vanno scomparendo e irrompe lo sviluppo industriale con il conseguente benessere economico. Gli anni della globalizzazione hanno frantumato l’illusione di una crescita senza confine, rivelando un mondo dove vige la legge del mercato e della concorrenza e non vi è più nessuna pietà per i destini individuali, né esiste solidarietà degli individui tra loro. Il protagonista del romanzo si trova smarrito e deluso dalla nuova situazione, e richiama alla memoria il suo passato per capire cos’ha veramente perso e cosa sarebbe valso la pena di salvare.


È molto difficile inquadrare il tuo romanzo in un genere preciso. Se dovessi presentarlo in due parole a un lettore, cosa diresti?

Io lo definisco un romanzo d’ispirazione popolare. Non sono andato lontano per cercare i miei personaggi, le mie storie, i miei paesaggi: mi sono soltanto guardato attorno. Si può parlare con cognizione certa solo di quelle cose che si conoscono per averle vissute veramente. Il mio romanzo parla della gente comune ed è scritto per la gente, parla di loro, del loro mondo quotidiano.


A che tipo di pubblico pensi di rivolgerti con “Tutto ritorna”?

Penso che sia un libro che tutti possono leggere, non uso un linguaggio particolarmente elaborato né vocaboli incomprensibili, amo esprimermi in maniera semplice. Non dico nulla che possa offendere le orecchie di un bambino, per citare una frase del romanzo.


Le tue esperienze personali e professionali, nonché il rapporto con la tua terra d'origine, hanno influito sulla stesura di “Tutto ritorna”?

Certamente ogni scrittore mette qualcosa di sé in ogni suo libro, ma questo non vuol dire che si tratti di autobiografie. Per tutta la durata della stesura di questo romanzo ho cercato spunti nelle mie esperienze, nelle persone che incontravo, ho guardato al mio passato per ricostruire il passato del protagonista, ho parlato con gente che aveva problemi sul lavoro o dissidi coniugali per rendere meglio quelle situazioni. E mi sono ispirato fortemente alla mia terra e ai miei paesi per creare gli scenari che fanno da sfondo a questa storia.


Oltre a dedicarti alla narrativa, sei anche autore di due silloge poetiche. Cosa ti ha spinto a dedicarti ai versi e, ancor più, a deviare sulla prosa?

Per me la poesia è l’intuizione di un momento, un fascio di luce improvvisa, concentrare in poche parole un pensiero complesso e articolato, saper catturare le sensazioni. La prosa invece ti concede più spazio, più modo di dilungarti, spiegarti, quasi discorrere con il lettore. Ho iniziato a scrivere versi da giovanissimo per fissare dei momenti, poi mi sono reso conto che avevo bisogno di raccontare delle storie e sviluppare delle riflessioni che ho ritenuto più agevole svolgere in prosa. 


La copertina
Siamo sempre curiosi di conoscere le abitudini di scrittura dei nostri autori. Quali sono le tue? Prediligi scrivere al mattino o di sera, al pc o sui tradizionali taccuini?

Lavoro tutto il giorno e perciò scrivo solo la sera, neanche sempre per la verità, questo spiega anche la lentezza nel portare a termine le mie opere. Scrivo prima delle bozze su dei quaderni, poi quando ho materiale sufficiente inizio una prima stesura al computer. Quindi aggiungo delle parti, correggo, modifico, tolgo, rileggo e riscrivo per molte volte. La mia opera è sempre in evoluzione, non sono mai completamente soddisfatto, voglio rifinire il più possibile la scrittura. Dopo lungo tempo, quando ritengo di non poter più migliorare o sono sfinito dalle revisioni, mando finalmente il manoscritto agli editori.


Sono ormai diversi anni che ti dedichi alla scrittura. Qual è l'esperienza più bella che ti ha portato la carriera di scrittore?

Non ho avuto momenti di pura gloria, ma quello che più ho apprezzato è il fatto di conoscere gente nuova, di farmi degli amici, di parlare con i miei lettori. Scrivere è per me un valore aggiunto che do alla mia vita, un senso in più. Non venderei la mia anima per diventare famoso, i valori umani sono più preziosi dei soldi perché non si possono comprare. Il complimento di una persona che incontro per caso per strada è per me la più grande delle soddisfazioni.


Hai dei consigli per chi vuole intraprendere la tua stessa strada?

Il mio consiglio è questo: scrivete solo per voi stessi, non illudetevi di pubblicare e tantomeno di diventare famosi. È una strada difficile: percorretela solo se veramente credete in quello che fate e non vi aspettate nulla di più.


Hai altro in cantiere? Pensi di continuare a scrivere poesia o prosa?

Quando mi capita scrivo anche poesie, ma la mia intenzione è al momento di dedicarmi alla narrativa. Sto lavorando a un altro romanzo che parla della vita di un clochard. Voglio parlare di come anche il migliore degli uomini possa finire in miseria, di come gli eventi trascinino e senza rendersene conto si passi il punto di non ritorno e, attraverso gli occhi di questo osservatore senza vincoli sociali né speranze, parlare della società, delle contraddizioni e delle aspettative delle persone.


Grazie per essere stato con noi!
In bocca al lupo per la tua carriera!

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