INTERVISTA: Giancarlo Bosini, scrittore

Abbiamo già parlato in un precedente post di Giallo Milano, il romanzo di Giancarlo Bosini edito da 0111 edizioni. Oggi rivolgiamo qualche domanda all'autore!

L'autore
Ciao Giancarlo e benvenuto!
Un architetto milanese scrive un giallo ambientato nella splendida Milano, il cui protagonista è un altro architetto, tale Bellotti. Insomma, certi dettagli non passano inosservati; puoi parlarci del rapporto che ti lega alla tua città e ai protagonisti delle tue storie?

Con Milano ho un forte legame, dovuto anche al fatto che da generazioni è la città della mia famiglia. Probabilmente sono stati i motivi affettivi quelli che mi hanno spinto a voler approfondire la conoscenza della sua storia.
Giallo Milano non è un thriller, né un giallo tradizionale, ma una storia in cui c’è un mistero e qualcuno che si muove per svelarlo. Il protagonista, quello che si mette nei panni dell’investigatore, è un architetto quarantenne dalla personalità bipolare, Luigi Bellotti. Sempre insicuro e dubbioso nella vita, ma molto determinato ad arrivare in fondo alla sua indagine. Un personaggio caratterialmente molto diverso da me, ma con il quale ho parecchie cose in comune, non ultimo il grande interesse per i navigli. Al suo fianco altri personaggi; un amico critico d’arte molto attento al cambiamento sociale, che è stato il pretesto per esprimere alcuni miei punti di vista; una ex fidanzata che Luigi non è mai riuscito a dimenticare; Giuseppe, un capomastro che lo fa avvicinare alla protesta nascente, un personaggio che racchiude in se le caratteristiche di molte persone positive che ho incontrato nella mia vita; e molti altri che personificano figure della vecchia Milano o del potere deviato.
In Giallo Milano in parte ho quindi voluto ispirarmi a personaggi reali, spesso conosciuti personalmente, alcuni dei quali hanno influito molto sulla formazione del mio carattere.
Altri personaggi hanno invece preso forma dai ricordi di vita quotidiana ascoltati in casa durante gli anni della mia adolescenza. In Giallo Milano è quindi possibile incontrare un po’ di quelle che sono state le radici della mia famiglia e del mio modo di essere.


"Giallo Milano", ambientato alla fine degli anni Sessanta, coniuga intrigo, arte e storia. Da dove arriva l'ispirazione per scrivere un'opera di così ampio respiro?

Milano è una città in cui molte testimonianze del suo passato, sia artistiche che storiche,  sono andate perse o, nel migliore dei casi, sono state dimenticate e ora forse risultano sconosciute alla maggior parte dei suoi abitanti. Ho voluto scrivere un romanzo in cui queste cose, tra cui spaccati di vita del passato, potessero essere ricordate amalgamandosi con la narrazione del racconto.
Nel 1923 molte strutture originarie della chiesa di Santa Maria Rossa, edificata dai canonici attorno al 1100, sono state demolite senza un apparente perché. Questo episodio è quello che mi ha fatto pensare all’esistenza di un intrigo, come se qualcuno avesse voluto occultare per sempre qualcosa che non doveva essere visto. L’intrigo è stato il collante che mi ha permesso di collegare vari accadimenti ad un unico filo conduttore.


Il romanzo è un'opera di fantasia ma in quarta di copertina si precisa che alcuni fatti storici non sono del tutto frutto dell'immaginazione. Puoi dirci di più?

La trama è sicuramente di fantasia, ma, come spiego nelle note dell’autore, fa propri alcuni episodi storici reali, che, se le cose si fossero concatenate diversamente, forse avrebbero potuto dare luogo ad una storia simile. E’ così che incontriamo personaggi realmente vissuti, come Leonardo Da Vinci, il novelliere Matteo Bandello, il vescovo Antonio Arcimboldi, l’architetto Luca Beltrami e altri ancora.


Un'opera così complessa è senz'altro frutto di un lungo lavoro di documentazione. Come procedi per raccogliere tutte le informazioni utili alla stesura delle tue opere?

In questo caso sono stato avvantaggiato dal fatto che di molte cose avevo già una discreta conoscenza, per cui le mie ricerche sono state relative solo ad alcuni approfondimenti, che però si sono portati via almeno sei mesi di tempo. Ben diverso sarebbe stato se avessi voluto parlare di temi a me completamente sconosciuti. Da una parte ho fatto appello alla mia memoria e sono andato a rivedere testi letti anche parecchi anni fa. Dall’altra, per quanto riguarda alcune verifiche, ho utilizzato Internet. La cosa sorprendente è che, in alcuni casi, fatti che avevo solo ipotizzato, nella realtà erano accaduti realmente, come ad esempio le visitazioni di Luca Beltrami alla chiesa di Santa Maria Rossa.


Nel romanzo si parla di Leonardo, di medioevo e di antichi misteri. Ma si parla anche degli anni Sessanta, l'epoca delle rivendicazioni studentesche. Come mai hai deciso di ambientare una storia del genere in quel preciso contesto storico?

Il motivo è lo stesso per cui ho deciso di ambientare la storia a Milano. La mia impressione è che anche di quel periodo se ne stia perdendo il ricordo e il significato. Il ‘68 è stato un’epoca, durata circa dieci anni, che prende il nome dall’anno in cui è iniziata. Non è stato solo un fenomeno italiano, ma un fenomeno di portata planetaria. E’ stato un movimento contro-culturale, una rivolta generazionale nella quale si è riconosciuta un’intera classe giovanile. Si contestava la società tradizionale, rivendicando soprattutto la liberalizzazione dei costumi, legandosi alla battaglia per i diritti civili e al rifiuto dei principi capitalistici.
Oggi le nuove generazioni ne hanno spesso solo una vaga conoscenza, ma il ’68 è stato molto importante perché ha portato ad un cambiamento dello stile di vita. Uno stile che oggi è praticamente condiviso da tutti.


Il libro
Parlaci un po' delle tue abitudini di scrittura. Pc, tablet o tradizionali taccuini? E qual è il momento migliore per scrivere?

Una volta che ho in mente cosa scrivere, preferisco fare una prima stesura su dei blocchi A4. Chiaramente, avendo anche il mio lavoro da portare avanti, il tempo che dedico alla scrittura è quello delle ore tardo serali. Più o meno riesco a scrivere tre o quattro pagine al giorno. Prima di andare a dormire ricopio nel PC quello che sono riuscito a fare. Per la revisione finale faccio una stampa dell’intero testo e a mano apporto le modifiche che reputo necessarie, poi correggo il file e ristampo. Ripeto questa operazione fino a che, secondo me, si può ritenere concluso il romanzo. Normalmente per scrivere un libro impiego circa un anno.


Quali sono le maggiori soddisfazioni che ti ha portato l'attività di scrittore?

Quando inizi a scrivere, il motivo è sicuramente legato al fatto che ti piace farlo. Se poi hai anche il desiderio di condividere quello che hai prodotto con qualcuno, allora devi cominciare a pensare di dover pubblicare. Inutile però farsi troppe illusioni, il mercato dell’editoria è un mercato dalle dinamiche molto complesse e diventare ricchi e famosi, oggi come oggi, è praticamente un’utopia, anche nel caso si dovessero possedere grandi qualità. “Uno su mille ce la fa!”
Le soddisfazioni non le devi cercare nella sfera materiale, bensì in quella intima. Innanzitutto l’aver scoperto un’attività che ti piace molto e che ti gratifica è già un grande risultato. Mai avrei pensato di scrivere un libro, il primo è uscito per caso, gli altri perché quando inizi non riesci più a fermarti. Il fatto poi di aver trovato degli editori che mi hanno apprezzato, senza richiedere contributi, è stata sicuramente un’altra grande soddisfazione, come pure il sapere che la tua opera adesso sarà letta da altre persone.


Hai lettori “di fiducia” ai quali sottoponi le tue opere prima di inoltrarle alle case editrici?
Mia moglie Stella, divoratrice di libri, è sicuramente la mia prima lettrice e devo dire che con me è molto severa, ma le sue osservazioni sono sempre di grande aiuto.


Quali sono gli autori che hanno maggiormente influenzato (o che maggiormente influenzano) la tua scrittura?

Sicuramente stiamo parlando di autori di letteratura gialla, ma quando si parla di “giallo” c’è sempre il rischio di fare confusione. Bisognerebbe sempre distinguere. C’è il giallo enigma all’inglese (Agata Christie, tanto per intenderci), c’è quello duro all’americana nato da Hammet e Chandler, c‘è la crime story, il mystery, il thriller e così via. Nei miei libri, i protagonisti indagano in modi differenti, ma fondamentalmente tutti si affidano all’osservazione e all’analisi dei fatti. Pochissime le scene d’azione, praticamente assenti gli inseguimenti, come pure le scazzottate e le sparatorie. Potrei dire che sicuramente, anche se inconsciamente, per restare nell’ambito dei “mostri sacri”, l’autore che mi ha maggiormente influenzato è la Christie, ma anche  Conan Doyle con le indagini del suo Sherlock. Per quanto riguarda invece autori italiani contemporanei, probabilmente un po’ di influenza l’ho avuta da Loriano Macchiavelli (Ispettore Sarti), Carlo Lucarelli (Ispettore Coliandro) e Andrea Camilleri (Il commissario Montalbano).


Hai nuovi lavori in cantiere? Puoi parlarcene in anteprima?

Attualmente sono impegnato nella revisione generale del mio quarto romanzo. Una nuova storia che si sviluppa sempre a Milano, ma questa volta ai giorni nostri. Un nuovo giallo, in cui le grottesche vicende della vita di un commissario e di un architetto si intrecciano con una catena di delitti legati ad un appartamento disabitato da tempo. Questa volta si che l’architetto un po’ mi assomiglia!!!


Grazie per essere stato con noi!
In bocca al lupo!

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